Tumori alla prostata: negli USA più casi avanzati dopo stop a screening

15 Mar 2022

15 marzo 2022 – A partire dal 2010, negli Stati Uniti si è registrato un aumento di oltre il 5% dei tumori alla prostata identificati in fase metastatica già al momento della diagnosi. L’aumento potrebbe essere connesso a un minore ricorso allo screening con test del PSA come conseguenza dell’adozione delle nuove linee guida americane.

È quanto emerge da uno studio condotto dalla University of Southern California di Los Angeles e pubblicato su JAMA Network Open. La ricerca ha analizzato i trend delle diagnosi di cancro alla prostata tra il 2004 e il 2018, periodo durante il quale sono stati diagnosticati oltre 836mila tumori, circa 47mila dei quali in fase metastatica. L’analisi ha osservato che, mentre fino al 2010, il numero di tumori in fase avanzata era stabile o in diminuzione, a partire da quell’anno si è registrato un costante aumento: del 5,3%, tra i 45 e i 74 anni, e del 6,5% tra gli over-75. Lo spartiacque, secondo i ricercatori, è l’adozione nel 2008 delle nuove raccomandazioni della US Preventive Services Task Force (USPSTF) in cui si sconsigliava lo screening di routine con il test del PSA negli uomini al di sopra dei 75 anni. A questo documento, 4 anni dopo, ne è seguito un altro in cui lo screening è sconsigliato per tutti gli adulti. Queste raccomandazioni “si basavano sull’evidenza che i benefici dello screening sulla mortalità per cancro alla prostata erano piccoli o nulli, mentre lo screening comportava danni correlati a falsi positivi, complicanze legate alle biopsie e al trattamento”, spiega in un editoriale pubblicato a corredo dello studio Richard M. Hoffman della University of Iowa. “Meno screening riduce i rischi di sovra-diagnosi e sovra-trattamento eccessivo, ma serve un compromesso”, aggiunge. Le raccomandazioni sono state ulteriormente aggiornate nel 2018 e prevedono una cauta riapertura allo screening.